Far fronte al disturbo ossessivo-compulsivo generato dalla pandemia

Rispetto ad una situazione di crisi possono emergere due tendenze opposte: la negazione o una paura eccessiva. A questo punto è difficile negare l’emergenza sanitaria, ma in Italia alcuni iniziano a sottovalutarla, perché al momento è sotto controllo, e l’attenzione dei media è spesso incentrata su queste persone che non rispettano più le norme igieniche e il distanziamento sociale, ancora necessario. Ci sono però anche soggetti più sensibili che potrebbero “esasperare” le misure proposte e vivere con un’angoscia eccessiva e controproducente la situazione, come sottolineano Roz Shafran (psicologo del Great Ormond Street Institute of Child Health), Anna Coughtrey (psicologo dell’University College London) e Maureen Whittal (psichiatra dell’ University of British Columbia, in Canada) in un commento pubblicato sulla rivista The Lancet.

I giovani e gli adulti che sono più a rischio di sviluppare un disturbo ossessivo-compulsivo rischiano di essere profondamente influenzati dalla pandemia da Covid-19”, scrivono gli autori. “Le difficoltà esistenti saranno quasi certamente esacerbate in molte di quelle persone che hanno già sintomi clinicamente significativi di disordine ossessivo-compulsivo”.
Sono più a rischio le persone che temono di essere contagiate o di diffondere il virus inconsapevolmente e coloro che cercano informazioni sul Covid-19 in modo eccessivo. Le persone che non presentavano alcun disturbo potrebbero “cadere nella trappola”, di lavarsi le mani in modo compulsivo, non quando occorre, ma semplicemente come risposta all’ansia e alla preoccupazione. Altri potrebbero autoisolarsi, pur non avendo sintomi e non avendo avuto contatti con persone infette, per la paura irrazionale di diffondere il contagio. D’altra parte “il contenuto delle ossessioni non è casuale”. Queste sono “innescate da eventi esterni e correlate alle preoccupazioni attuali”.

Quindi è importante che queste persone abbiano a disposizione delle stime realistiche del pericolo che corrono (in base all’età, alle condizioni di salute, alla professione che svolgono) e che siano consapevoli del fatto che la maggior parte dei casi non è grave, si risolve a casa e che molti pazienti vengono curati con successo in ospedale. “Per la popolazione in generale, il fatto di mettere in luce questo tipo di informazioni potrebbe essere considerato come potenzialmente dannoso”, scrivono, perché potrebbe portare a sottovalutare i messaggi chiave, fondamentali, di stare a casa, lavarsi le mani e rispettare il distanziamento sociale. Ma per coloro che sono suscettibili al disturbo ossessivo-compulsivo, concludono, “ottenere informazioni accurate e personalizzate sui rischi potrebbe prevenire lo sviluppo o l’esacerbazione di problemi di salute mentale”. (tratto da popsci.it)

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