Le identità non-binarie degli adolescenti

Interrogare i cristalli dell’identità sia quando sono troppo solidi sia quando sono troppo liquidi

di Vittorio Lingiardi e Guido Giovanardi

Il (secondo) coming out dell’attore Page, che ha scelto il nome di Elliot e i pronomi ‘he’ (maschile) e ‘they’ (neutro), ha creato un certo turbamento mediatico. La star di Juno, che già dopo il suo primo coming out (al tempo, come lesbica) era diventata un’icona molto amata dalla comunità LGBT+ più giovane, ha dichiarato un’identità non-binaria.

Non-binary, genderqueer, agender, no gender, genderfluid. Le identità che vanno oltre il maschile e il femminile, sempre più frequenti tra gli/le adolescenti, costituiscono un elenco potenzialmente infinito, un ampio spettro che scardina il binarismo di genere e ci pone interrogativi profondi sul senso che diamo oggi a parole come “identità”, “genere” e “corpo”.

Millennials

Come sta cambiando, nelle nuove generazioni, il rapporto tra questi tre termini? Per molti millennials le imposizioni dei ruoli di genere sono sempre più evidenti e soffocanti. Eppure, nella maggior parte del mondo, è ancora dominante un modello cristallizzato M/F, basato su stereotipi che promuovono un maschile portato al dominio (e alla sopraffazione) e un femminile assegnato alla fragilità (e alla dipendenza).

I rapporti normati di coppia continuano a raccontare la vulnerabilità, la frustrazione, la violenza (basta guardare le statistiche sulla violenza domestica nei mesi di lockdown, per esempio il dato italiano del numero verde anti-violenza che nel periodo marzo-ottobre 2020 ha registrato un incremento del 70% di contatti rispetto all’anno precedente).

Liquidità postmoderna

Per i giovani, formatisi nella liquidità postmoderna, è sempre più difficile convivere con norme identitarie solidificate, vincoli culturali di genere, corpi sempre in guerra tra loro. La sofferenza psichica degli adolescenti oggi è più che mai attraversata da una ricerca sospesa nel vuoto. Generi multipli e corpi fortemente “personalizzati” che si fanno, per usare un’espressione di Judith Butler, “liberamente fluttuanti”. Lo racconta bene la serie di Luca Guadagnino We are what we are (nota con l’acronimo WAWWA), con personaggi per i quali e le quali identità, genere e corpo sono realtà sempre più soggettive e soggettivizzate.

Il genere non più come “appartenenza” indiscutibile, ma come costruzione identitaria. Non più “sono il corpo che ho”, ma “ho/avrò il corpo che sono”. Scarti psicofisici che aprono nuovi orizzonti. Se fino a ieri il concetto di genere era sempre distinto da quello di sesso biologico e le polarità M  F, pur sfumate lungo un continuum performativo, si mantenevano comunque fedeli a un assetto simbolico binario, oggi la “gender revolution” (per citare una famosa copertina di National Geographic) sembra voler superare anche la logica delle “sfumature”. Oltre le colonne d’Ercole M e il velo di Maya F sembrano esserci altre forme di vita: propense a pensare che il binarismo è più da distruggere che da sfumare. Se alla prospettiva socioculturale privilegiamo quella clinica potremmo dire che ci troviamo di fronte a un doppio movimento: da una parte la libertà dell’esplorazione al di fuori di punti fissi che (in forme patriarcali o matriarcali) hanno spesso costretto a ripetizioni normate; dall’altra il rischio di un’invenzione di sé per sradicamento o reattività.

Crediamo che il compito della psicoterapia sia salvaguardare le spinte creative nei percorsi delle identità, creando uno spazio d’ascolto e significazione profonda che dia spessore e “conflitto” al piano orizzontale delle moltiplicazioni di categorie. Il dialogo con l’adolescente che si scopre non binario deve essere capace di integrare tutti gli elementi, anche i più accantonati, dell’esperienza interna. Per esempio l’affacciarsi fisico e simbolico di un corpo che cambia, le aspettative negative nei confronti della pubertà, l’impatto di nuovi contenitori sociali capaci di offrire dimora in un momento della vita in cui c’è un bisogno estremo di appartenenza, affiliazione e identificazione.

Nostro compito è nutrire il campo dei significati attribuiti alle differenze binarie, lavorando sulla malinconia di ciò che inevitabilmente si perde (di nuovo con Butler), promuovendo il dialogo e la curiosità al posto dello scontro. Sempre interrogando i cristalli dell’identità sia quando sono troppo solidi sia quando sono troppo liquidi.

articolo tratto da ilsole24ore.com


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